James Guillaume, “Michele Bakounine”. Note Biografiche (Seconda e Ultima Parte)

Prima parte

Seconda Parte

Libro curato dallo Studio grafico Appiano, 1964, Collana Libertaria, Torino, p. 45
In questa Seconda e Ultima Parte: Capitoli V-IX (pagg. 22-45)

V

Poco è da dire dei primi sei anni del secondo soggiorno di Bakounine in Occidente. Si accorse ben presto che, malgrado l’amicizia personale che lo legava a Herzen e a Ogaref, non poteva associarsi alla loro azione politica, di cui era l’organo il giornale Kolokol. Egli espose le sue idee, nel 1862, in due opuscoli dal titolo: Agli amici russi, polacchi e a tutti gli amici slavi e La Causa del Popolo, Romanof, Pougatchef o Pestel? Quando, nel 1863, scoppiò l’insurrezione polacca, tentò di unirsi agli uomini d’azione che la dirigevano; ma l’organizzazione di una legione russa mancò, la spedizione di Lapinski non ebbe risultato alcuno e Bakounine, che s’era recato a Stoccolma (ove lo raggiunse sua moglie) con la speranza di ottenere un intervento svedese, dovette, nell’ottobre ritornare a Londra senza esser riuscito in alcuno dei suoi progetti. Si portò, allora, in Italia donde, nel 1864, fece un secondo viaggio in Svezia; al ritorno passò per Londra, ove rivide Marx, e per Parigi, ove rivide Proudhon.

Dopo la guerra del 1859 e l’eroica spedizione di Garibaldi del 1860, l’Italia pareva risorgere a nuova vita: Bakounine restò in questo paese fino all’autunno del 1867, dimorando, dapprima, a Firenze e, poi, a Napoli e nei dintorni. Aveva concepito il piano di una organizzazione segreta internazionale dei rivoluzionari, avente per iscopo la propaganda e, ove fosse giunto il momento, l’azione; e fin dal 1864 riuscì a riunire un discreto numero di italiani, di francesi, di scandinavi e di slavi, in questa società segreta che ebbe nome di « Fratellanza internazionale » o di « Alleanza dei rivoluzionari socialisti ». In Italia, Bakounine e i suoi amici si dettero, sopratutto, a lottare contro i mazziniani —- repubblicani autoritari e religiosi aventi per divisa il motto Dio e popolo; — e fu fondato a Napoli il giornale Libertà e Giustizia, nel quale Bakounine svolse il suo programma. Nel luglio 1866, egli mise a parte Herzen e Ogaref dell’esistenza della società segreta a cui consacrava da due anni tutta la sua attività, e ne comunicò loro il programma, del quale essi furono, a detta di lui « molto scandalizzati ». A quel momento, l’organizzazione, secondo ne fa fede Bakounine medesimo, aveva degli aderenti in Svezia, in Norvegia, in Danimarca, in Inghilterra, nel Belgio, in Francia, in Spagna e in Italia, e contava fra i suoi membri anche dei polacchi e dei russi. Nel 1867, alcuni democratici borghesi di varie nazioni, principalmente francesi e tedeschi, fondarono la « Lega della pace e della libertà » e convocarono a Ginevra un Congresso, che ebbe un’eco vivissima. Bakounine, che nutriva ancora illusioni rispetto ai democratici, partecipò a questo Congresso, pronunciandovi un discorso, divenne membro del Comitato centrale della Lega, stabilì la propria residenza in Svizzera (presso Vevey) e, nell’anno seguente, fece il possibile per ridurre i suoi colleghi del Comitato al socialismo rivoluzionario. Al secondo Congresso della Lega, che ebbe luogo a Berna nel settembre 1868, egli fece un tentativo, insieme ad alcuni suoi amici, membri dell’organizzazione segreta fondata nel 1864 — Eliseo Reclus, Aristide Rey, Carlo Keller, Vittorio Jaclard, Giuseppe Fanelli, Saverio Friscia, Nicola Joukovsky, Valeriano Mroczkowski ecc. — per far votare dalla Lega delle decisioni schiettamente socialiste; ma, dopo parecchi giorni di discussione, essendosi i socialisti rivoluzionari trovati in minoranza, dichiararono di separarsi dalla Lega (25 settembre 1868) e fondarono nello stesso giorno, sotto il nome di Alleanza internazionale della democrazia socialista, una associazione nuova, di cui Bakounine redasse il programma.

Questo programma, che riassumeva le concezioni alle quali il suo autore era giunto, dopo una lunga evoluzione cominciata in Germania nel 1842, fra le altre cose, diceva:

« L’Alleanza si dichiara atea; essa vuole l’abolizione definitiva e intera delle classi e l’eguaglianza politica, economica e sociale degli individui dei due sessi; vuole che la terra, gli strumenti del lavoro e ogni altro capitale, divenendo proprietà collettiva della società intera, non possano essere utilizzati che dai lavoratori e cioè dalle associazioni agricole e industriali. Riconosce che tutti gli Stati politici e autoritari attualmente esistenti, tenendo a ridursi sempre più a semplici funzioni amministrative dei servizi pubblici nei loro rispettivi paesi, dovranno sparire e confondersi nella unione universale delle libere associazioni, tanto agricole che industriali ».

Nel costituirsi, l’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista dichiarò di voler formare un ramo dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, della quale accettò gli statuti generali.

In data del 1° ottobre 1868, era uscito a Ginevra il primo numero di un giornale russo, Narodnoé Diélo, redatto da Michele Bakounine e da Nicola Joukovsky; conteneva un programma intitolato « Programma della democrazia socialista russa », identico nella sostanza a quello che adottò pochi giorni dopo l’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista. Ma, dal secondo numero, il giornale cambiò di redazione e passò nelle mani di Nicola Outine, che gli impresse un carattere tutto differente.

VI

L’Associazione Internazionale dei Lavoratori era stata fondata a Londra il 28 settembre 1864; ma la sua organizzazione definitiva e l’adozione dei suoi statuti datano solo dal suo primo Congresso, tenutosi a Ginevra dal 3 all’8 settembre 1866.

Al suo passaggio da Londra, nell’agosto 1864, Bakounine, che non aveva riveduto Marx dal 1848, ricevette una visita da questi, che volle spiegarsi seco lui riguardo la calunnia già accolta dalla Neue Rheinische Zeitung e che alcuni giornalisti tedeschi avevano rimessa in circolazione nel 1853. Mazzini e Herzen avevano preso, allora, le difese del calunniato, che era prigioniero nella fortezza russa, e Marx aveva dichiarato, nel giornale inglese Morning Advertiser, che egli non entrava per nulla in questa calunnia, aggiungendo che Bakounine era suo amico. Ciò Marx ripetè a Bakounine a Londra, e lo esortò ad unirsi all’Internazionale; ma questi, ritornato che fu in Italia, amò meglio consacrarsi intieramente all’organizzazione segreta di cui facemmo menzione.

L’Internazionale, allora, all’infuori del Consiglio generale di Londra, non era rappresentata che da un gruppo di operai mutualisti di Parigi, e nulla faceva prevedere l’importanza che era per assumere. Fu solo dopo il secondo Congresso (tenutosi a Losanna nel settembre 1867) e dopo i due processi di Parigi e il grande sciopero di Ginevra (1868), che l’attenzione di tutta Europa si rivolse su questa associazione divenuta una vera potenza, della quale non potevasi più disconoscere l’importanza come leva d’azione rivoluzionaria. Nel terzo Congresso (Bruxelles, settembre 1868) si delinearono le idee collettiviste in opposizione al cooperativismo. Bakounine, nel luglio dello stesso anno, si fece ammettere come membro nella sezione di Ginevra e, dopo la sua uscita dalla Lega della Pace al Congresso di Berna, stabilì dimora a Ginevra per poter prendere attiva parte al movimento operaio di questa città.

La propaganda e l’organizzazione ricevettero nuovo impulso. Un viaggio del socialista italiano Fanelli in Spagna, ebbe per risultato la fondazione delle sezioni internazionali di Madrid e di Barcellona. Le Sezioni della Svizzera francese si unirono in una federazione che prese il nome di Federazione romanda ed ebbe per organo il giornale l’Egalité, uscito nel gennaio del 1869. Nel Giura svizzero si ingaggiò una lotta contro dei falsi socialisti che ostacolavano il movimento, lotta che terminò con l’adesione della maggioranza degli operai al socialismo rivoluzionario. Non poche volte Bakounine si recò nel Giura a portare l’ausilio della sua parola a quelli che lottavano contro « la reazione mascherata da cooperazione », e fu allora che contrasse l’amicizia che mai venne meno, con i rivoluzionari di quella regione. Anche a Ginevra, un conflitto sorto fra gli operai muratori, socialisti rivoluzionari d’istinto, e gli orologiai e gioiellieri, che volevano partecipare alle lotte elettorali e allearsi ai politicanti radicali, ebbe termine, grazie a Bakounine — che condusse nell’Egalité una energica campagna, esponendo in una serie di articoli notevoli il programma della « politica dell’Internazionale » — con la vittoria, disgraziatamente solo momentanea, dell’elemento rivoluzionario. Le Sezioni dell’Internazionale in Francia, nel Belgio e nella Spagna procedevano, nella loro opera, d’accordo con quelle della Svizzera francese ed era a prevedersi, che al prossimo Congresso generale dell’Associazione, le idee collettiviste avrebbero ottenuto la maggioranza dei suffragi.

Il Consiglio generale di Londra non aveva voluto ammettere l’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista come ramo della Internazionale adducendo per ragione che la nuova società, costituendo un secondo corpo internazionale, avrebbe portato nell’altro, se accoltovi, la disorganizzazione. Uno dei motivi che avevano dettato questa decisione era l’avversione di Marx verso Bakounine, nel quale l’illustre comunista tedesco credeva vedere un « intrigante » che voleva « rovesciare l’Internazionale e trasformarla in istrumento proprio »; ma, indipendentemente dai sentimenti personali di Marx, è certo che l’idea di creare, a fianco dell’Internazionale, una seconda organizzazione, era una idea sbagliata.

Ciò fecero osservare a Bakounine alcuni dei suoi amici belgi e giurassiani ed egli finì col dar loro ragione, riconoscendo la giustezza della decisione del Consiglio Generale. Conseguentemente, l’Ufficio centrale dell’Alleanza, dopo aver consultato gli aderenti di questa organizzazione, ne pronunciò, d’accordo con essi, lo scioglimento; il gruppo locale che s’era constituito a Ginevra si trasformò in una semplice Sezione dell’Internazionale e come tale fu ammesso dal Consiglio generale (luglio 1869).

Al quarto Congresso generale (Basilea 6-12 settembre 1869) la quasi unanimità dei delegati si pronunciò per la proprietà collettiva; ma si potè, allora, constatare che v’erano fra loro due correnti distinte: gli uni (tedeschi, svizzeri tedeschi, inglesi) erano comunisti di Stato; gli altri (belgi, svizzeri francesi, spagnuoli e quasi tutti i francesi) erano comunisti anti-autoritari, o federalisti, o anarchici e presero il nome di collettivisti. Bakounine, naturalmente, apparteneva a questa seconda frazione, e con lui era, fra gli altri, il belga De Paepe e il parigino Varlin.

L’organizzazione segreta, fondata nel 1864 s’era sciolta nel gennaio 1869 in seguito ad una crisi interna; tuttavia parecchi dei suoi membri avevano continuato a tenersi in relazione e al loro gruppo s’erano aggiunti alcuni aderenti svizzeri, spagnuoli e francesi fra cui Varlin.

Questo libero aggrupparsi di uomini, per l’azione collettiva, in una fratellanza rivoluzionaria, doveva, si pensava, conferire più forza e coesione al grande movimento di cui era espressione l’Internazionale.

Nell’estate del 1869, un amico di Marx, Borkheim, aveva riprodotto nella Zukunft di Berlino la vecchia calunnia che rappresentava Bakounine come un agente del governo russo, e Liebknecht aveva in più occasioni ripetuto questa asserzione. Essendosi quest’ultimo recato a Basilea pel Congresso, Bakounine lo invitò a dare spiegazioni davanti ad un giurì d’onore, dove il socialista sassone affermò di non aver mai accusato Bakounine ma solo di aver ripetuto delle cose lette in un giornale. Il giurì dichiarò all’unanimità che Liebknecht aveva agito con colpevole leggerezza e rilasciò a Bakounine una dichiarazione scritta in tal senso e firmata dai suoi membri. Liebknecht, riconoscendo ch’era stato indotto in errore, tese la mano a Bakounine e questi bruciò la dichiarazione del giurì servendosene per accendere la sigaretta.

Dopo il Congresso di Basilea, Bakounine lasciò Ginevra e si ritirò a Locarno; questa risoluzione gli era stata dettata da motivi di ordine strettamente privato, uno dei quali era la necessità di stabilirsi in un luogo ove la vita fosse a buon mercato ed ove potesse dedicarsi tranquillamente ai lavori di traduzione che aveva intenzione di fare per un editore di Pietroburgo (trattavasi, innanzi tutto, d’una traduzione del primo volume del Capitale di Marx, stampato nel 1867).

Ma la partenza di Baokunine da Ginevra lasciò, sfortunatamente, libero il campo agli intriganti politici che, associandosi alle male arti di un emigrato russo, Nicola Outine, troppo conosciuto pel triste officio che esercitò nell’Internazionale, riuscirono in pochi mesi a disorganizzare l’Internazionale ginevrina e ad impadronirsi della redazione de l’Egalité. Marx, che era sempre accecato dai rancori e dalle piccole gelosie contro Bakounine, non disdegnò di contrarre alleanza

con Outine e con i politicanti pseudo-socialisti di Ginevra, gli uomini del « Tempio Unico » (4) nello stesso tempo che, con una « Comunicazione confidenziale » (28 marzo 1870) mandata ai suoi amici di Germania, si studiava di perdere Bakounine nell’opinione dei democratici socialisti tedeschi, raffigurandolo come l’agente del partito panslavista, dal quale, secondo Marx, riceveva venticinque mila lire all’anno.

Gli intrighi di Outine e dei suoi amici ginevrini riuscirono a provocare una scissione nella Federazione romanda, la quale, nell’aprile 1870, si divise in due frazioni: l’una, d’accordo con gli internazionalisti di Francia, del Belgio e della Spagna, si pronunciò per la politica rivoluzionaria, dichiarando che « ogni partecipazione della classe operaia alla politica borghese governativa non può sortire altri risultati che il consolidamento del regime esistente »; l’altra frazione « professava l’intervento politico e le candidature operaie ».

Il Consiglio Generale di Londra, i tedeschi e gli svizzeri tedeschi presero partito per la seconda di queste frazioni (frazione di Outine e del Tempio Unico), mentre i francesi, i belgi e gli spagnuoli aderivano all’altra (frazione del Giura).

Bakounine aveva allora la mente rivolta agli affari di Russia. Nella primavera del 1869 era entrato in relazione con Netchaief. Credeva egli alla possibilità di organizzare in Russia una vasta insurrezione di contadini, come al tempo di Stenko Razine; e il ritorno due volte secolare dell’anno della grande rivolta (1869) gli sembrava una coincidenza quasi profetica. Fu in quel tempo che scrisse in russo l’appello intitolato: Alcune parole ai giovani fratelli di Russia e l’opuscolo La scienza e l’attuale causa rivoluzionaria.

Netchaief ritornò in Russia, ma dovette fuggirne di nuovo dopo l’arresto di quasi tutti i suoi amici e la distruzione del suo piano di organizzazione e, nel gennaio 1870, fece ritorno in Svizzera. Esigè da Bakounine che questi abbandonasse la traduzione incominciata del Capitale (5), per consacrarsi interamente alla propaganda rivoluzionaria russa, e ottenne da Ogaref, per il Comitato russo di cui si diceva il mandatario, la consegna nelle sue mani della somma constituente il « fondo Bakhmétief ». Una parte di questo danaro eragli già stato confidato da Herzen l’anno precedente. Bakounine scrisse in russo l’opuscolo Agli ufficiali dell’esercito russo e in francese l’altro dal titolo: Gli orsi di Berna e l’orso di Pietroburgo; fece anche uscire alcuni numeri di una nuova serie del Kolokol e spiegò per alcuni mesi una grande attività; ma finì per accorgersi che Netchaief intendeva servirsi di lui come di un semplice strumento ed aveva ricorso, per assicurarsi una dittatura personale, a procedimenti gesuitici.

Dopo una spiegazione avuta col giovane rivoluzionario a Ginevra nel luglio 1870, la ruppe con lui completamente. Era stato vittima della sua troppo grande fiducia e dell’ammirazione che gli aveva in sul principio ispirato l’energia selvaggia di Netchaief. « Non c’è nullla da dire » — scrisse Bakounine dopo questa rottura a Ogaref — « abbiam fatto bellamente la parte di idioti! Come si riderebbe di noi Herzen se fosse qui, e con quanta ragione! Basta, non ci resta che ingoiare questa amara pillola, che ci renderà più prudenti per l’avvenire » (2 agosto 1870).

VII

Intanto, era scoppiata la guerra fra la Germania e la Francia, e Bakounine ne seguiva il corso con interesse appassionato e con ansia. « Tu non sei che un russo », — scriveva l’11 agosto a Ogaref — « mentre io sono internazionale».

Ai suoi occhi, la vittoria della Germania feudale e militare sulla Francia altro non doveva essere che il trionfo della contro-rivoluzione, il quale potevasi evitare solo chiamando il popolo francese a levarsi in armi in massa e per respingere l’invasore straniero e per sbarazzarsi dei tiranni interni che lo opprimevano economicamente e politicamente. In una lettera ai suoi amici socialisti di Lione, si esprimeva in questi termini:

« Il movimento patriottico del 1792 non è nulla in confronto di quello che dovete fare ora se volete salvar la Francia… Levatevi, dunque, o amici, al canto della Marsigliese che oggi ritorna il canto legittimo della Francia, il canto della libertà, il canto del popolo, il canto dell’umanità — poiché la causa della Francia è finalmente ridiventata la causa dell’umanità. Facendo del patriottismo noi salveremo la libertà di tutti i popoli. Ah!, s’io fossi giovane non scriverei, no, delle lettere ma sarei tra voi! ».

Un corrispondente del Volks Staat (il giornale di Liebknecht) aveva scritto che gli operai parigini erano « indifferenti alla guerra attuale ». Bakounine s’indigna che si possa loro attribuire una apatia che sarebbe delittuosa; e scrive per dimostrare che non possono disinteressarsi dell’invasione tedesca, che debbono assolutamente difendere la loro libertà contro le bande armate del dispotismo prussiano.

« Ah! —esclama, — se la Francia fosse invasa da un esercito di proletari tedeschi, inglesi, belgi, spagnuoli, italiani, innalzanti il vessillo del socialismo rivoluzionario e annunciami al mondo l’emancipazione finale del lavoro, sarei io stato il primo a gridare agli operai di Francia: Aprite loro le braccia, poiché sono i vostri fratelli, ed unitevi a loro per spezzare i resti imputriditi del mondo borghese! Ma l’invasione che disonora oggi la Francia è una invasione aristocratica, monarchica e militare… Restando passivi innanzi a questa invasione, gli operai francesi non tradirebbero solo la loro libertà, ma tradirebbero ancora la causa del proletariato del mondo intero, la causa santa del socialismo rivoluzionario ».

Le idee di Bakounine sulla situazione e sui mezzi da impiegare per salvare la Francia, furono da lui esposte in un breve opuscolo che uscì per le stampe, senza nome d’autore, nel settembre sotto il titolo di Lettere ad un Francese sulla crisi attuale.

Il 9 settembre lasciava Locarno per recarsi a Lione ove arrivò il 15. Ben presto si organizzò un « Comitato di salute della Francia », del quale egli fu il membro più attivo, per tentare un moto rivoluzionario. Il programma di questo movimento fu pubblicato, il 26 settembre, in un rosso manifesto portante le firme dei rappresentanti di Lione, di Saint-Etienne, di Tarare e di Marsiglia; Bakounine, benché straniero, non esitò affatto ad unire la sua firma a quella dei suoi amici, per dividere con essi e pericoli e responsabilità. Il manifesto, dopo aver dichiarato che « la macchina amministrativa e governativa dello Stato, divenuta impotente, era abolita » e che « il popolo di Francia rientrava in possesso della sua libertà », proponeva la formazione, in tutti i comuni federati, di Comitati di salute della Francia e l’invio a Lione di due rappresentanti per ciascun Comitato di capoluogo di dipartimento « per formare la Convenzione rivoluzionaria della Francia ». Un movimento popolare mise i rivoluzionari, il 28 settembre, in possesso del palazzo municipale di Lione; ma il tradimento del generale Cluseret e la codardia di alcuni di quelli nei quali il popolo aveva posto la propria fiducia, fecero fallire questo tentativo. Bakounine, contro cui il procuratore della Repubblica, Andrieux, aveva spiccato mandato d’arresto, riuscì a guadagnare Marsiglia, ove si tenne per qualche tempo nascosto, tentando di preparare una nuova insurrezione. A quel tempo, le autorità francesi facevano correr la voce che egli fosse un agente pagato dalla Prussia e che il governo della Difesa nazionale ne possedeva le prove; e da parte sua, il Volksstaat di Liebknecht stampava, a proposito del moto del 28 settembre e del programma in quella occasione pubblicato, queste parole:

« Meglio non si avrebbe potuto fare all’ufficio della stampa di Berlino, per servire ai disegni di Bismark ».

Il 24 ottobre, disperando della Francia, Bakounine lasciava Marsiglia a bordo di una nave il cui capitano era amico dei suoi amici, per ritornare a Locarno, passando per Genova e Milano. Alla vigilia della partenza, così scriveva al socialista spagnuolo Sentinon, che era venuto in Francia con la speranza di prender parte al movimento rivoluzionario: « Il popolo di Francia non è più rivoluzionario affatto… Il militarismo e il burocratismo, l’arroganza nobiliare e il gesuitismo protestante dei Prussiani, alleati teneramente al Knout del mio caro sovrano e padrone, l’imperatore di tutte le Russie, trionferanno su tutto il continente d’Europa e Dio sa per quante decine di anni. Addio tutti i nostri sogni di emancipazione prossima! ».

Il moto che scoppiò a Marsiglia il 31 ottobre, e cioè sette giorni dopo la partenza di Bakounine, non fece che confermarlo nel suo giudizio pessimista: il Comune rivoluzionario che, alla notizia della capitolazione di Bazaine, s’era insediato al palazzo municipale, non seppe mantenersi al potere più di cinque giorni e il 4 novembre abdicò nelle mani del commissario Alfonso Gent, inviato da Gambetta.

A Locarno, ove passò tutto l’inverno nella solitudine e alle prese con la più nera miseria, Bakounine scrisse, come seguito alle sue Lettres à un Français, una esposizione del nuovo stato dell’Europa, che comparve in primavera del 1871 sotto questo titolo caratteristico: L’Empire knouto-germanique et la Révolution sociale. La notizia della insurrezione parigina del 18 marzo venne a smentire in parte i suoi oscuri pronostici, mostrando che il proletariato parigino aveva conservato la propria energia e il proprio spirito di ribellione.

Ma l’eroismo del popolo di Parigi doveva essere impotente a galvanizzare la Francia prostrata e vinta; i tentativi fatti in più luoghi, in provincia, per generalizzare il movimento comunalista, fallirono e i coraggiosi insorti parigini furono, infine, schiacciati sotto il numero. Bakounine, che si era recato (27 aprile) in mezzo ai suoi amici del Giura per trovarsi più vicino alla frontiera francese, dovette ritornare a Locarno senza aver potuto agire (1° giugno). Ma, questa volta, non si abbandonò allo sconforto. La Comune di Parigi, oggetto dell’odio furioso di tutte le reazioni coalizzate, aveva riacceso nel cuore degli sfruttati una scintilla di speranza; il proletariato di tutto il mondo salutava, nel popolo eroico, che aveva versato tanto sangue per l’emancipazione umana, « il Satana moderno, il gran ribelle vinto ma non domato ». Il patrioti a italiano Mazzini aveva unito la sua voce a quelle che maledivano Parigi e l’Internazionale; Bakounine scrisse allora la Risposta di un internazionalista a Mazzini che fu stampata contemporaneamente in italiano e in francese (agosto 1871) scritto che levò in Italia grande rumore e produsse nella gioventù e fra gli operai di questo paese un movimento d’opinione che dette origine, verso la fine del 1871, a numerose Sezioni dell’Internazionale. Un secondo opuscolo, La teologia politica di Mazzini e l’Internazionale, compì l’opera iniziata e Baokunine, che, con l’invio di Fanelli in Spagna nel 1868, era stato il creatore dell’Internazionale spagnuola, si trovò, per la sua polemica contro il Mazzini nel 1871, il creatore di quella Internazionale italiana che doveva gettarsi con tanto ardore nella lotta, non solo contro la dominazione della borghesia sul proletariato, ma anche contro il tentativo degli uomini che volevano instaurare il principio di autorità nell’Associazione Internazionale dei Lavoratori.

VIII

La scissione in seno alla Federazione romanda, che avrebbe potuto terminare con una riconciliazione se il Consiglio generale di Londra l’avesse voluto e se l’agente di esso Consiglio, Outine, fosse stato meno perfido, si era agravata ed era divenuta irrimediabile. Nell’agosto 1870, Bakounine e tre suoi amici erano stati espulsi dalla Sezione di Ginevra, per avere manifestato la loro simpatia per i Giurassiani.

Subito dopo la fine della guerra del 1870-71, alcuni incaricati di Marx si portarono a Ginevra per ravvivarvi le discordie. I membri della Sezione dell’Alleanza vollero, allora, dare una prova delle loro intenzioni pacifiche pronunciando lo scioglimento della loro Sezione; ma il partito di Marx e di Outine non fu per questo disarmato: una nuova Sezione, detta di propaganda e di azione rivoluzionaria socialista, constituita a Ginevra dai comunardi ivi rifugiati e nella quale erano entrati gli antichi membri della Sezione dell’Alleanza, si vide rifiutare l’ammissione dal Consiglio generale. Invece di un Congresso generale dell’Internazionale, il Consiglio, dominato da Marx e da Engels, convocò a Londra, nel settembre 1871, una Conferenza segreta alla quale presero parte quasi esclusivamente creature di Marx, cui tornò facile far prendere delle decisioni, che distruggevano l’autonomia delle Sezioni e Federazioni dell’Internazionale, accordando al Consiglio generale una autorità contraria agli statuti fondamentali dell’Associazione. La Conferenza pretese ancora organizzare, sotto la direzione di questo Consiglio, ciò che essa chiamava « l’azione politica della classe operaia ».

Urgeva non lasciare assorbire l’Internazionale, vasta federazione di gruppi organizzati per la lotta contro lo sfruttamento capitalistico, da una piccola consorteria di settari marxisti e blanquisti. Le Sezioni del Giura insieme alla Sezione di propaganda di Ginevra si constituirono, il 12 novembre 1871, a Sonvillier, in Federazione del Giura e rivolsero a tutte le Federazioni dell’Internazionale una circolare per invitarle ad unirsi a loro onde resistere agli usurpatori del Consiglio generale e rivendicare energicamente la propria autonomia.

« La società futura — diceva la circolare — altro non deve essere che la estensione alla universalità della organizzazione che l’Internazionale si sarà data. Dobbiamo, dunque, aver cura di avvicinare il più possibile questa organizzazione al nostro ideale. Come potrebbe uscire una società egualitaria e libera da una organizzazione autoritaria? L’Internazionale, embrione della futura società umana, deve essere fin da ora l’imagine fedele dei nostri princìpi di libertà e di federazione e deve rigettar dal suo seno ogni principio che tenda all’autorità e alla dittatura ».

Bakounine accolse con entusiasmo la circolare di Sonvillier e si dette a propagarne, con grande attività, i princìpi nelle Sezioni italiane. La Spagna, il Belgio, le più delle Sezioni di Francia — riorganizzatesi, malgrado la reazione versagliese, sotto forma di gruppi segreti — e la maggioranza delle Sezioni degli Stati Uniti, si pronunciarono nello stesso senso che la Federazione del Giura; e si potè ben presto esser certi che il tentativo di Marx e dei suoi alleati per stabilire il loro dominio nell’Internazionale sarebbe per fallire. La prima metà del 1872 fu segnata da una « circolare confidenziale » del Consiglio generale, opera di Marx, stampata in opuscolo portante per titolo Les prétendues scissions dans l’Internationale. In essa i principali militanti del partito autonomista o federalista erano attaccati personalmente e diffamati e le proteste levatesi da ogni parte contro alcuni atti del Consiglio generale erano rappresentate come il risultato di un intrigo ordito dai membri dell’antica Alleanza internazionale della democrazia socialista, che sotto la direzione del « papa misterioso di Locarno » lavoravano alla distruzione dell’Internazionale. Bakounine qualificò questa circolare come si meritava, scrivendo così ai suoi amici: « La spada di Damocle di cui ci si è minacciati da parecchio tempo è finalmente caduta sul nostro capo. Non è propriamente una spada, ma l’arma abituale del signor Marx, un mucchio di sozzure ».

Bakounine passò l’estate e l’autunno del 1872 a Zurigo, ove nell’agosto fu fondata, dietro sua iniziativa, una Sezione slava, composta quasi intieramente di studenti e studentesse russe e serbe, che aderì alla Federazione del Giura dell’Internazionale. Fin dal mese di aprile — quando trovavasi a Locarno — egli si era messo in relazione con alcuni giovani russi dimoranti nella Svizzera e li aveva organizzati in un gruppo segreto di azione e di propaganda. Dei membri di questo gruppo il militante più attivo fu Armando Ross (Michele Sajine), che, intimo di Bakounine fin dall’estate del 1870, restò fino alla primavera del 1876 il principale intermediario fra il grande agitatore rivoluzionario e la gioventù di Russia.

Si può dire che alla propaganda fatta in questo tempo da Bakounine si dovette l’impulso dato, negli anni che seguirono, a questa gioventù: fu lui che lanciò la parola d’ordine che la gioventù doveva mescolarsi col popolo. Sajine creò a Zurigo una stamperia russa che pubblicò nel 1873, sotto il titolo di Istoritcheskoé razvitié ìnternatsionala, una raccolta di articoli comparsi nei giornali socialisti belgi e svizzeri con alcune note illustrative di vari autori, fra cui un capitolo sull’Alleanza scritto da Bakounine. Nel 1874 pubblicò, pure di Bakounine, lo studio intitolato Gosourdarstvennost i Anarkhia (6). Un conflitto sorto con Pietro Lavrof e dei dissensi personali fra alcuni membri dovevano nel 1873 cagionare la dissoluzione della Sezione slava di Zurigo.

Il Consiglio generale s’era deciso a convocare per il 2 settembre 1872 un Congresso generale; ma come sede di esso scelse l’Aia per potere più facilmente condurvi da Londra gran numero di delegati devoti alla sua politica o provvisti di mandati immaginari e per rendere più diffìcile l’intervento ai rappresentanti delle Federazioni lontane e impossibile a Bakounine. La Federazione italiana da poco constituita s’astenne dal mandare rappresentanti, la Federazione spagnuola ne mandò quattro, la Federazione del Giura due, la Federazione belga sette, la Federazione olandese quattro, la Federazione inglese cinque: e questi ventuno delegati, soli veri rapprtsentanti dell’Internazionale, formarono il nucleo della minoranza. La maggioranza, in numero di quaranta uomini, non rappresentanti in realtà che la loro propria persona era preventivamente decisa a far tutto ciò che fosse piaciuto imporre alla cricca di cui Marx ed Engels erano i capi.

Il solo atto del Consiglio dell’Aia di cui parleremo fu l’espulsione di Bakounine, che fu pronunciata l’ultimo giorno (7 settembre) quando già un terzo dei rappresentanti era partito, con ventisette voti contro sette no ed otto astensioni. I motivi addotti da Marx e dai suoi partigiani per domandare, dopo un’apparenza di inchiesta condotta ad occhi chiusi da una commissione di cinque membri, l’espulsione di Bakounine, erano i seguenti: « È provato da un progetto di statuto e da lettere portanti la firma Bakounine, che questo cittadino ha tentato e forse è riuscito a fondare, in Europa, una società chiamata l’Alleanza, avente statuti del tutto differenti, dal punto di vista sociale e politico, da quelli dell’Associazione internazionale dei lavoratori; — il cittadino Bakounine ha compiuti atti fraudolenti per impadronirsi di tutto o parte dell’altrui avere, ciò che costituisce una truffa; inoltre, per non soddisfare ai suoi impegni egli o i suoi agenti hanno ricorso all’intimidazione ». È questa seconda parte dell’atto d’accusa marxista — alludente ai trecento rubli ricevuti in anticipazione da Bakounine per la traduzione del Capitale e alla lettera scritta da Netchaief all’editore Poliakof — che ho più sopra qualificato per tentativo di assassinio morale.

Contro questa infamia fu subito pubblicata, da un gruppo di emigranti russi, una protesta, di cui mi piace riportare i punti principali:

« Ginevra e Zurigo, 4 ottobre 1872… Si è osato lanciare contro il nostro amico Michele Bakounine l’acusa di truffa e di ricatto… Noi non crediamo nè necessario nè opportuno discutere ora i pretesi fatti sui quali si è appoggiata l’accusa portata contro il nostro compatriotta e amico. Questi fatti ci sono noti nei più piccoli lor particolari e ci faremo un dovere di ristabilirli nella loro verità appena ci sarà permesso di farlo. Ora ce ne impedisce la condizione disgraziata di un altro nostro compatriotta, che non è nostro amico ma che le persecuzioni, di cui in questo momento è vittima da

parte del governo russo, ci rendono sacro (7). Il signor Marx, a cui non contestiamo, d’altra parte, l’abilità, si è in questa occasione male apposto. I cuori onesti di tutti i paesi sentiranno solo indignazione e disgusto per un tale intrigo, per una violazione si flagrante dei più elementari princìpi di giustizia. Quanto alla Russia, stia certo il signor Marx che tutte le sue manovre non vi avranno potere: Bakounine vi è troppo stimato e conosciuto perchè la calunnia possa raggiungerlo… — Nicola Agaref — Bartolomeo Zavzef — Woldemar Orezof — Armando Ross — Woldemar Holtein — Zemphiri Rally — Alessandro Oelsnitz —- Valeriano Smirnof »

IX

All’indomani del Congresso dell’Aia, il 15 settembre, si riunì a Saint-Imier (Giura svizzero) un altro congresso a cui presero parte i rappresentanti delle Federazioni italiana, spagnuola e giurassiana e di alcune sezioni francesi e americane. Questo congresso dichiarò, all’unanimità, « di rigettare in modo assoluto le deliberazioni del Congresso dell’Aia e di non riconoscere affatto i poteri del nuovo Consiglio generale da esso nominato », Consiglio che era stato trasferito a New-York. La Federazione italiana aveva anticipatamente confermato le risoluzioni di Saint-Imier alla Conferenza di Rimini tenutasi il 4 agosto; la Federazione del Giura le confermò in un Congresso speciale tenutosi lo stesso giorno 15 settembre; la maggior parte delle Sezioni francesi si affrettarono a mandare la loro intera approvazione; la Federazione spagnuola e belga confermarono, alla loro volta, le prese deliberazioni nei loro Congressi che ebbero luogo a Cordova e a Bruxelles nella settimana di Natale del 1872; e così pure fecero la Federazione americana, nella seduta del suo Consiglio federale (New-York, Spring Street) del 19 gennaio 1873, e la Federazione inglese — ove si trovavano due dei vecchi amici di Marx, Eccarius e Jung, che i suoi procedimenti avevano alienati da lui (8) — nel suo Congresso del 26 gennaio 1873.

Il Consiglio generale di New-York, volendo usare dei poteri conferitigli dal Congresso dell’Aia, pronunciò, il 5 gennaio 1873, la « sospensione » della Federazione del Giura, dichiarata ribelle; ma questo atto ebbe solo per risultato che la Federazione olandese, già neutrale, ruppe il riserbo e si unì alle altre sette Federazioni dell’Internazionale, dichiarando, il 14 febbraio 1873, di non riconoscere la sospensione della Federazione del Giura.

Così pure, la pubblicazione da parte di Marx e del piccolo gruppo restatogli fedele di un libello pieno delle più grossolane menzogne, dal titolo L’Alliance de la démocratie socialiste e l’Association international des travailleurs, non sortì altro effetto che di provocare il disgusto di quelli che lessero questo triste prodotto di un odio cieco.

Il primo settembre 1873 si apriva a Ginevra il sesto Congresso generale dell’Internazionale: erano rappresentate le Federazioni del Belgio, dell’Olanda, dell’Italia, della Spagna, della Francia, dell’Inghilterra e del Giura svizzero; i socialisti lassalliani di Berlino avevano mandato un dispaccio di simpatia portante le firme di Hasenclever e Hasselmann.

Il Congresso si occupò della revisione degli statuti dell’Internazionale; pronunciò la soppressione del Consiglio generale e fece dell’Internazionale una libera federazione senza alcuna autorità dirigente. « Le Federazioni e le Sezioni componenti l’Associazione — dicono i nuovi statuti (articolo 3) — conservano la loro completa autonomia, cioè il diritto di organizzarsi secondo la loro volontà — di amministrare i loro proprii affari senza alcuna ingerenza esterna e di tracciarsi da sè la via che intendono percorrere per raggiungere l’emancipazione del lavoro ».

Bakounine era stanco di una lunga vita di lotte. La prigione lo aveva invecchiato innanzi tempo; la sua salute era seriamente scossa ed egli ora aspirava al riposo ed alla solitudine. Quando vide riorganizzata l’Internazionale col trionfo del principio di libera federazione, pensò esser venuto il momento di congedarsi dai suoi compagni; e rivolse ai membri della Federazione del Giura una lettera (pubblicata il 12 ottobre 1873) « per pregarli di volere accettare le sue dimissioni da membro della Federazione del Giura e dell’Internazionale », aggiungendo: « Non sento d’aver più le forze necessarie per la lotta ed altro non sarei nel campo del proletariato che un ingombro, non un aiuto… Dunque, cari compagni, mi ritiro, pieno di riconoscenza per voi e di simpatia per la vostra grande e santa causa — la causa dell’umanità. Continuerò a seguire con fraterna ansietà tutti i vostri passi e saluterò con gioia ogni vostro nuovo trionfo. Sarò vostro fino alla morte ». Non gli restavano a vivere neppure tre anni.

Il suo amico, il rivoluzionario italiano Carlo Cafiero, gli dette ospitalità in una villa che aveva comprato presso Locarno. Là, Bakounine visse fino alla metà del 1874 nella tranquillità e nella sicurezza e godendo di un relativo benessere. Tuttavia, non aveva cessato di considerarsi soldato della Rivoluzione; avendo i suoi amici italiani preparato un moto insurrezionale si portò (nel luglio 1874) a Bologna per prendervi parte. Il movimento, mal preparato, abortì e Bakounine dovette ritornare in Svizzera travestito.

In questo tempo una nube passò sull’amicizia che univa Bakounine a Cafiero. Questi, che aveva fatto sacrificio alla causa rivoluzionaria di tutta la sua sostanza, si trovava, per un succedersi di circostanze che non possono qui esser dette, rovinato e si vide costretto a vendere la sua villa. Bakounine dovette lasciare Locarno; andò a stabilirsi a Lugano, ove, per la rimessa che gli fecero i suoi fratelli di una parte dell’eredità paterna, potè, lui e la famiglia, non mancare di mezzi di susistenza. Del resto, il momentaneo raffreddamento nei suoi rapporti con Cafiero durò poco e ben presto le relazioni amichevoli si ristabilirono. Ma la malattia progrediva e ne risentivano gli effetti nello stesso tempo lo spirito ed il corpo, sì che nel 1875 Baokunine altro non era che l’ombra di se stesso. Nel giugno 1876, sperando sollievo ai suoi mali, abbandonò Lugano per recarsi a Berna; appena arrivatovi (il 14 giugno) disse al suo amico il dottor Adolfo Vogt: « Vengo perchè tu mi ristabilisca sui miei piedi o per morire qui ».

Fu posto in una clinica (J. L. Hug-Braun’s Kranken-pension, Mattenhof, 317), ove ebbe per quindici giorni le cure affettuose dei suoi amici Vogt e Reichel.

In una delle sue ultime conversazioni, parlando di Schopenhauer, ebbe a parlare così: « Tutta la nostra filosofia poggia su una base falsa: essa parte sempre da un principio per cui si considera l’uomo come individuo e non, come è giusto, quale un essere appartenente a una collettività. Da ciò la maggior parte degli errori filosofici che riescono o alla concezione di una felicità fuori della vita o ad un pessimismo come quello di Schopenhauer e di Hartmann ».

Il 21, così disse al suo amico che esprimeva il rimpianto che Bakounine non avesse mai trovato il tempo di scrivere le proprie memorie: « E per chi vorresti ch’io le avessi scritte? Non vai la pena d’aprir bocca. Oggi i popoli di tutti i paesi hanno perduto l’istinto della rivoluzione… No, se ritroverò ancora un po’ di salute, voglio piuttosto scrivere una morale basata sui princìpi del collettivismo, senza frasi filosofiche o religiose ». Morì il 1° luglio, a mezzogiorno.

Il tre di luglio dei socialisti di diverse parti della Svizzera giungevano a Berna per rendere gli ultimi onori a Michele Bakounine. Furono pronunciati sulla sua tomba discorsi da alcuni dei suoi amici della Federazione del Giura: Adhémar Schwitzguebel, James Guillaume, Eliseo Reclus; da Nicola Joukovsky per i russi, da Paolo Brousse per la gioventù rivoluzionaria francese, da Carlo Salvioni per la gioventù rivoluzionaria italiana, da Betsien per il proletariato tedesco. In una riunione che ebbe luogo dopo la cerimonia, uno stesso voto uscì da tutte le bocche: l’oblìo sulla tomba di Bakounine di tutte le discordie puramente personali e l’unione sul terreno della libertà di tutte le frazioni del partito socialista dei due mondi; e, all’unanimità fu approvata la risoluzione seguente:

« I lavoratori riuniti a Berna per la morte di Michele Bakounine e appartenenti a cinque nazioni differenti, partigiani gli uni dello Stato operaio, gli altri della libera federazione dei gruppi di produttori, pensano che una riconciliazione è, non solo utilissima e desiderabilissima, ma anche possibile, sul terreno dei princìpi dell’Internazionale quali sono formulati all’articolo 3 degli statuti generali riveduti al Congresso di Ginevra del 1873.

« In conseguenza, l’assemblea riunita a Berna propone a tutti i lavoratori di dimenticare le vane e dannose dissenzioni passate e di unirsi più strettamente sulla base dei princìpi enunciati all’articolo 3 degli statuti summenzionati ».

Si vuol sapere quale fu la risposta a questa proposta di unione nella libertà e di oblìo degli odii passati? La Tagwacht di Zurigo (redatta da Hermann Greulich), pubblicò l’8 luglio le righe seguenti: « Bakounine era considerato da parecchi buoni e imparziali socialisti come un agente russo; questo sospetto, senza dubbio, eroneo, è fondato sul fatto che l’azione distruttiva di Bakounine, mentre ha molto profittato alla reazione, è stata cagione di solo male al movimento rivoluzionario ». Questa ingiuria della Tagwacht e i malevoli giudizi emessi dal Volksstaat di Lipsia e dal Vpered di Londra fecero comprendere agli amici di Bakounine che gli avversari di questi eran tutt’altro che disposti a cessare dal loro odio; a queste manifestazioni ostili, dovette fare seguito da parte dei commilitoni di Bakounine la dichiarazione seguente (10 settembre 1876): « Noi desideriamo, e la nostra condotta lo ha sempre provato, il ravvicinamento, nella misura del possibile, di tutti i gruppi socialisti; siamo pronti a tendere la mano della conciliazione a tutti quelli che vogliono lottare sinceramente per la emancipazione del lavoro; ma siamo anche fermamente decisi a non permettere che siano insultati i nostri morti ».

È venuto il momento in cui la posterità giudicherà la persona e gli atti di Michele Bakounine con l’imparzialità che si è in diritto di esigere da essa, e si può nutrire speranza che il voto espresso dagli amici di lui sulla sua tomba appena chiusa, si realizzerà un giorno?

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Note
(4) Era il nome del luogo di riunione dell’Internazionale ginevrina, antico tempio massonico.
(5) Il prezzo totale della traduzione era stato fissato per 900 rubli, e Bakounine aveva ricevuto in acconto 300 rubli. Egli pensò che la traduzione poteva essere condotta a termine da Joukovsky e non se ne occupò più, avendo anche avuto promessa da Netchaief che avrebbe egli accomodato ogni cosa. Ma invece di trattare per un accomodamento amichevole, Netchaief scrisse all’editore (Poliakof), all’insaputa di Bakounine, una lettera, nella quale dichiarava semplicemente che questi, essendo a disposizione del Comitato rivoluzionario, non poteva finire la traduzione, e che concludeva con una minaccia nel caso che l’editore reclamasse.
Quando Bakounine apprese il comportamento stupido di Netchaief ne fu molto indignato, e fu questa una delle ragioni che determinarono la sua rottura con lui.
(6) Un terzo volume, Anarkhia po Proudonon uscito a Londra (ove la stamperia fu trasferita nel 1874) non è di Bakounine.
(7) Netcha’ief era stato arrestato a Zurigo il 14 agosto 1872; fu consegnato dalla Svizzera alla Russia il 27 ottobre 1872.
(8) I blanquisti si erano separati da Marx fin dal 6 settembre, al Congresso dell’Aja, accusandolo di averli traditi.